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venerdì 30 ottobre 2009

Il caso Cetraro è davvero chiuso ?

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OROSCOPO
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Il caso Cetraro è davvero chiuso?

Dopo la conferenza stampa della ministra Prestigiacomo e del procuratore nazionale antimafia Grasso, che ha dichiarato «chiuso» il caso della nave affondata davanti le cose calabresi, il Wwf torna a chiedere che su tutta la vicenda delle navi a perdere sia fatta chiarezza oltre ogni dubbio.

«L’esito delle indagini sul relitto di Cetraro annunciate oggi non può oscurare la ricerca della verità sulle navi dei veleni», dice il Presidente onorario del Wwf Italia Fulco Pratesi, che
sottolinea che «bisogna comunque dimenticare che la rilevanza e la gravità dei traffici internazionali illeciti di rifiuti pericolosi e radioattivi, connessi anche al traffico d’armi e alla nascita e al consolidamento di una rete criminale internazionale, hanno riscontri ufficiali dalla metà degli anni ’90. Inoltre dal 2004 è emerso chiaramente che queste attività criminali sono state tollerate se non favorite da apparati dello Stato, che hanno dato mano libera a industriali e armatori per trasformare ampie zone del nostro mare e delle nostre aree costiere, in discariche di veleni tossici e cancerogeni».
La dichiarazione di Pratesi arriva all’indomani della conferenza stampa in cui la ministra dell’ambiente Stefania Prestigiacomo, assieme al procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha dichiarato «chiuso» il «caso Cetraro». La ministra e il procuratore hanno detto che il relitto situato a 11 miglia dalla costa tirrenica calabrese, all’altezza di Cetraro, sarebbe quello del piroscafo passeggeri Catania, affondato da un sommergibile tedesco nel 1916. Tuttavia, il video mostrato in conferenza stampa non ha dissipato del tutto i dubbi: il nome della nave, infatti, non è apparso chiaramente visibile e nello squarcio di prua dove nelle riprese effettuate dalla Regione Calabria su indicazione della Procura di Paola apparivano i famigerati fusti, si vede solo un pezzo di macchinario.
Il Wwf Italia, che da tempo lavora sul tema delle navi a perdere, richiama a conferma della sue affermazioni alcuni passi contenuti in documenti ufficiali. Per esempio, nella Relazione conclusiva della Commissione bicamerale sui rifiuti dell’11 marzo 1996, soffermandosi sul «progetto Odm» [Ocean Disposal Management del faccendiere Giorgio Comero] la Commissione segnalava «l’esistenza, documentalmente provata di intense attività di intermediazione poste in essere tra i titolari di queste presunte attività di smaltimento in mare di rifiuti radioattivi e la Somalia […]» sottolineando le coincidenze con il caso Alpi/Hrovatin.
Nella Relazione conclusiva del 25 ottobre 2000, sempre della stessa Commissione bicamerale sui
rifiuti, si sofferma sul fenomeno delle «navi a perdere» rilevando che il preoccupante fenomeno
dei traffici e degli smaltimenti illegali di scorie e rifiuti radioattivi in mare era emerso nell’ambito di alcune inchieste delle procure di Matera, Reggio Calabria e riportando il dato numerico relativo ad affondamenti sospetti di navi verificatisi nei mari italiani: ben 39 risultano i casi per il solo periodo tra il 1979 e il 1995 […] 26 di questi vengono indicati dal Comando generale delle Capitanerie di porto.
Il Wwf ricorda ancora che il Ministro per i rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi il 27 luglio 2004, in risposta a un’interrogazione parlamentare ha dichiarato che «Evidenti segnali di allarme si sono colti in alcune vicende giudiziarie da cui è emersa una chiara sovrapposizione tra queste attività illegali ed il traffico d’armi. […] Numerosi elementi indicavano il coinvolgimento nel suddetto traffico di soggetti istituzionali di governi europei ed extraeuropei, nonché di esponenti della criminalità organizzata e di personaggi spregiudicati, tra cui il noto Giorgio Comerio, faccendiere italiano al centro di una serie di vicende legate alla Somalia ed alla illecita gestione degli aiuti della Direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo».
Ce n’è abbastanza, per il Wwf così come per altre associazioni ambientaliste nazionali, nonché per i comitati locali che sabato scorso hanno portato decine di migliaia di persone ad Amantea, in provincia di Cosenza, per chiedere che l’eventuale «chiusura» del caso Cetraro non sia l’alibi per il silenzio.

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