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martedì 30 agosto 2011

Auto elettriche, 5 euro per un pieno



Auto elettriche

in Germania aperta la prima stazione di 

ricarica veloce in autostrada

5 euro per un pieno


Fare il "pieno" di elettricità e poter ricaricare la proria auto elettrica anche in autostrada diventa ora realtà. Almeno sulle autostrade tedesche dove è stata aperta la prima stazione di ricarica elettrica veloce EV.
Che il “piano” governativo varato nei mesi scorsi in Germania da un milione di veicoli elettrici sulle strade nazionali nel 2020 abbia dato una “scossa” (è il caso di dirlo) alla mobilità eco friendly, è un fatto del quale molto si è parlato. La questione, ora che il mercato dell'auto elettrica si avvicina sempre più alle esigenze degli utilizzatori finali, è rivolta alle infrastrutture: senza un adeguato sviluppo della rete di ricarica, è difficile invogliare gli automobilisti a passare alla trazione elettrica. E il prezzo d'acquisto dei veicoli a zero emissioni resta elevato in rapporto all'utilità pratica che questi sono in grado di offrire. A cominciare dall'autonomia con una singola ricarica.


E non è un caso che proprio in Germania si è pensato di allargare la diffusione dei punti di ricarica anche in autostrada. Nei giorni scorsi, infatti, sulla autostrada tedesca A8 (che collega Karlsruhe a Monaco di Baviera) è stata inaugurata la prima stazione di ricarica “veloce” EV: si trova in corrispondenza dell'uscita di Irschenberg, in Baviera. Presso questa stazione, gli automobilisti che si trovano nella necessità di procedere a una ricarica veloce al proprio veicolo, hanno la possibilità di ottenere il “pieno” (o quasi: in questi casi, le batterie al litio non vengono mai ricaricate al 100%) in 20 – 30 minuti. Il costo, per l'automobilista, è di 5 euro ad ogni ricarica. 
Ricarica che per di più si propone di essere 100% pulita in quanto E.On, utility nazionale per lo sviluppo di infrastrutture eco friendly, che si è occupata della progettazione e dell'installazione dell'impianto, preleva l'energia necessaria dalle proprie centrali idroelettriche. I dirigenti E.On, alla presentazione della colonnina autostradale di Irschenberg, hanno anticipato che il prossimo passo consisterà nell'abbassare (fino a dimezzarli) i tempi di ricarica.
Piergiorgio Pescarolo


 http://www.greenme.it/muoversi/auto/5646-auto-elettriche-stazione-ricarica-autostrada-in-germania

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giovedì 25 agosto 2011

idee in Comune , X Milano





 
 
Le macchinette mangia lattine a Oslo, i chip conta-rifiuti di Leeuwarden in Olanda (tra l’altro la città natale di Mata Hari), gli orti urbani di Dakar, la rete dei centri civici di Saragozza, il tetto a giardino del comune di Chicago, l’ombrellone del viandante della Marina di Pisa. Sono solo alcuni esempi di buone pratiche di amministrazione pubblica che sono state messe in pratica in tutto il mondo. Da qui nasce lo spunto per l’iniziativa “Copia e incolla: idee in Comune” che l’assessora al Tempo libero, Chiara Bisconti, ha presentato oggi. Cioè: chiedere alle milanesi e ai milanesi in vacanza di segnalare iniziative simili (ma non solo: anche di cittadinanza partecipata, educazione civica, difesa dell’ambiente, creatività, uso del tempo libero) che scoprono nei loro itinerari turistici. “Noi siamo qua, a lavorare, come molti milanesi. Altri sono invece a godersi ferie meritate, in una situazione di svago e relax, uno stato mentale che favorisce spunti nuovi e idee originali”, ha spiegato Bisconti. “Questa iniziativa vuol essere un ponte fra tutti noi. Uno stimolo alla creatività e allo spirito di osservazione. Il tutto all’insegna della partecipazione. In sostanza, invitiamo cittadine e cittadini a fare un’operazione di copia e incolla di buone pratiche. Ci aspettiamo tante idee creative, divertenti, semplici, efficaci. E, perché no, magari qualcuna di queste potrebbe pure trasformarsi in un provvedimento concreto da parte dell’amministrazione comunale, proprio come uno degli esempi citati qui all’inizio del comunicato. E’ un metodo, quello della “best practice”, che è comunemente adottato nelle grandi aziende private. Guarda caso, stiamo già facendo copia e incolla…”. Come funziona l’iniziativa? Semplice: bisogna inviare all’indirizzo mail - ideaincomune@comune.milano.it - un breve testo (massimo 500 caratteri, spazi inclusi) nel corpo stesso del messaggio (quindi, non come allegato in word o altro), indicando luogo, data, tema e titolodell’iniziativa segnalata. Il tutto può essere accompagnato da una fotografia (ammessi esclusivamente i formati jpg, png e gif) che però non pesi più di 2 megabyte. Qualsiasi altro tipo di materiale non sarà invece accettato. Detto in altre parole, cartoline “elettroniche” che le cittadine e i cittadini inviano a Milano per raccontare come si possa costruire una città migliore, segnalando esempi concreti, già realizzati. “Un modo – ha concluso l’assessora - per rendere sempre più stringente e creativo il dialogo con l’amministrazione comunale. Ci piace pensare che ogni milanese possa così diventare una sorta di corrispondente civico. Un auspicio, che potrebbe essere rivolto non solo a chi è in vacanza, ma anche alle decine di migliaia che, per lavoro o per studio, vivono all’estero“. Chi invece non sa nulla di computer, internet e Facebook, può usare la lettera tradizionale per mandare le sue segnalazioni: l’indirizzo è quello dell’assessorato al Tempo libero, via Marconi 2, ovviamente specificando che è indirizzato all’iniziativa. “E questa – ha sottolineato Bisconti – è già la prima idea che abbiamo copiato e incollato: è venuta fuori proprio durante la conferenza stampa di oggi, da una domanda di una cronista”.



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Tokio , A Fukushima i rigetti di cesio 137 ...



A Fukushima i rigetti di cesio 137 

sono 168 volte più importanti che a Hiroshima





Tokio - La quantità di cesio radioattivo liberato dal 11 marzo dalla centrale nucleare  di Fukushima (nord-est del Giappone) è 168 volte più importante di quella dispersa in un istante dalla bomba atomica di Hiroshima, lo ha affermato giovedì un giornale nipponico.



Secondo il Tokyo Shimbun, che dice appoggiarsi su delle stime del governo, i reattori danneggiati dal tsunami gigante hanno liberato fino ad oggi 15.000 terabecquerels di cesio 137 .

Nell'agosto 1945, la bomba atomica sganciata dall'esercito americano sopra la città di Hiroshima (sud-ovest) aveva rilasciato istantaneamente nell'atmosfera 89 terabecquerels di questo isotopo, di cui il periodo radioattivo è di 30 anni, ha aggiunto il giornale.

In teoria, la quantità di cesio 137 uscito della centrale di Fukushima è dunque 168,5 volte più importante di quella della bomba americana, ha sottolineato, affermando che questa stima era stata calcolata dal governo alla domanda di una commissione del Parlamento.

Ma là si ferma il paragone, perché la bomba A ha fatto 140.000 morti, uccisi immediatamente dal calore o dal soffio dell'esplosione, o nei seguenti mesi, a causa degli effetti delle radiazioni, mentre l'incidente di Fukushima non ha causato fino qui nessuno decesso.

Il governo giudica del resto non razionale  paragonare così la contaminazione radioattiva di una centrale nucleare con quella di un'arma atomica destinata ad uccidere.

Lo stesso paragone rivelerebbe che l'esplosione del reattore di Tchernobyl (Ucraina) nel 1986 ha disperso nell'ambiente  900 volte più  cesio 137 della bomba di Hiroshima, se ci si riferisce  alle valutazioni dell'istituto francese di radioprotezione e della sicurezza nucleare (IRSN).

Dopo l'inizio  della crisi nucleare di Fukushima Daiichi, più grave di quella di Tchernobyl, le autorità giapponesi hanno decretato una zona di evacuazione obbligatoria in un reparto di 20 chilometri intorno al sito.

Più di 85.000 persone vivono da più di cinque mesi nei centri di accoglienza o negli alloggi prefabbricati, senza nessuna certezza di ritrovare un giorno la loro abitazione.


Fonte:  ©AFP / 25 agosto 2011 07h39)
Traduzione: Fabienne Melmi




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domenica 21 agosto 2011

BLOG DI CIPIRI: L'ossimoro del capitalismo ecologista









L'ossimoro del capitalismo ecologista








Solo un disastro di proporzioni senza precedenti potrebbe convincere l'ordinamento capitalistico a cambiar strada in modo radicale





BLOG DI CIPIRI: L'ossimoro del capitalismo ecologista: L'ossimoro del capitalismo ecologista Solo un disastro di proporzioni senza precedenti potrebbe convincere l'ordinamento capitalistico...

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venerdì 19 agosto 2011

Perdita di petrolio nel Mare del Nord, 4000 barili di petrolio in mare fino a ieri



Perdita di petrolio nel Mare del Nord

4000 barili di petrolio in mare fino a ieri


La shell ha pubblicato, dopo tre giorni di silenzio sul suo sito, un aggiornamento per quanto riguarda la perdita di petrolio dal suo pozzo nel Mare del Nord a largo delle coste della Scozia. Intanto l’ufficio della Corona Britannica considera una possibile causa di risarcimento danni contro la multinazionale.
“Noi – ha detto la Shell in un comunicato di ieri – continuiamo a fare buoni progressi nel fermare la perdita residua dalla conduttura collegata alla piattaforma Gannet. Oggi ci aspettiamo di finalizzare la nostra valutazione sul modo migliore per chiudere la valvola di sicurezza. Ciò ha incluso le ispezioni da parte degli  subacquei, con il supporto tecnico del nostro centro di eccellenza per le immersioni ad Aberdeen, Scozia e con veicoli comandati a distanza (ROV).”
“Durante queste operazioni la sicurezza rimane la nostra prima priorità”, ha detto Glen Cayley, Direttore Tecnico di esplorazione di Shell e attività produttive in Europa, con sede a Aberdeen.
Shell ha anche elencato le operazioni che svolgerà o sta svolgendo, come l’utilizzo di pesi di cemento per fissare la conduttura al fondo marino, una operazione che è comunemente effettuata.
Shell continuerà anche a monitorare le condizioni del mare,  che ovviamente influenzano la dispersione del petrolio, in collaborazione con la Marina della Scozia.
Inoltre Shell assicura che effettuerà indagini sulle conseguenze della perdita su uccelli e vita marina attraverso la sorveglianza aerea e navale nella zona.
Infine, Shell ha rilasciato le dimensioni della perdita dall’inizio, che ammonta a circa 4000 barili di petrolio fino a ieri 18 agosto.
Infine dà una stima molto diversa da quella circolata nei giorni scorsi sulla dispersione del petrolio sulla superficie del mare, dicendo che l’area interessata è di circa 500 metri per 500, molto meno delle stime precedenti. Forse la compagnia si riferisce al fatto che il petrolio in superficie fuoriuscito nei giorni scorsi si è già in gran parte disperso e non è più visibile dagli elicotteri.

http://gaianews.it/ambiente/perdita-di-petrolio-nel-mare-del-nord-4000-barili-di-petrolio-in-mare-fino-a-ieri/id=12209

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giovedì 18 agosto 2011

L'Ungheria distrugge le coltivazioni Ogm




L'Ungheria distrugge le coltivazioni Ogm



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Nelle settimane scorse un paio di notizie provenienti dall’Ungheria hanno fatto tremare i polsi alle multinazionali degli Ogm. La prima annuncia l’inizio dei serrati controlli da parte delle autorità in seguito all'approvazione di una normativa stringente che impone alle aziende esportatrici di certificare i propri prodotti come “Ogm-free”. Ovvero, che impone di esportare sul suolo ungherese solo prodotti non transgenici.
La seconda, figlia del medesimo proposito di salvaguardia dell’agricoltura sana, attiene ai circa 1.000 ettari di mais contaminati, commercializzati illegalmente da Monsanto e Pioneer, aziende multinazionali leader nel settore, distrutti per volontà del governo nelle fertili regioni al centro e a sud-ovest del paese magiaro.
Soltanto negli ultimi giorni il Ministero dell’agricoltura ungherese ha confermato queste due notizie filtrate dai media recentemente, destando clamore per la portata rivoluzionaria rispetto ad una prassi per cui gli Stati usano inchinarsi agli interessi delle aziende multinazionali. Purtroppo il danno causato da Monsanto e Pioneer è stato scovato troppo tardi, così che l’intervento risolutore - accompagnato da un’aratura del grano di modo da scongiurare la contaminazione nei confronti di altre colture confinanti - ha generato una controindicazione. Infatti, con la stagione di crescita già in atto, è troppo tardi per seminare di nuovo; ciò equivale ad una perdita totale del raccolto di quest’anno, con annessi contraccolpi economici su scala nazionale. Dunque, si tratta di misure drastiche e non senza ripercussioni, ma assolutamente necessarie, dato che eviteranno il protrarsi di questioni che, a lungo andare, rischiano seriamente di minare l’esistenza delle piccole imprese agricole locali e la salute dei consumatori. Del resto Endre Kardeván, responsabile della catena di sicurezza alimentare presso il Ministero dell’Agricoltura, ha assicurato che lo Stato si farà carico di ricompensare gli agricoltori per le loro perdite.
Ovviamente, la guerra dichiarata dall’Ungheria agli Ogm non ha lasciato indifferenti le aziende produttrici, le quali hanno reagito piccate a questo ennesimo atto di forza sovrano da parte del governo del giovane Viktor Orbán. La Monsanto ha contestato la scelta ungherese di distruggere le coltivazioni e, prima che ciò avvenisse, ha fatto appello alla Corte Municipale di Budapest affinché la risoluzione venisse sospesa. Ma l’appello è stato rifiutato e le coltivazioni contaminate sono potute essere distrutte. La stessa multinazionale ha poi affermato, attraverso una nota, che i semi che esporta in Ungheria – conformemente alla legislazione ungherese che ne vieta la circolazione - non sono Ogm. Tuttavia, il segretario di Stato ungherese Lajos Bognár non è di questo avviso ed ha smentito, dati alla mano, la Monsanto: egli afferma che le misure sono state adottate sulla base di un campione risultato positivo agli Ogm dopo un’analisi dell’Ufficio dell’agricoltura ungherese.
Già dal 1998, due anni dopo l’apparizione delle prime coltivazioni Ogm negli Stati Uniti, approfonditi studi evidenziarono l’impatto dannoso delle stesse sull’ambiente e sulla salute dei consumatori. Tuttavia, grazie al supporto mediatico di cui le potenti multinazionali produttrici di Ogm possono godere, è alquanto diffusa una mitologia secondo la quale l’utilizzo di semi transgenici sia una sorta di rimedio miracoloso ai problemi più incalzanti dell’agricoltura: l’adattamento delle colture, i cambiamenti climatici e la fame nel mondo. Tutto falso, prontamente smentito da fatti che parlano d’altro, ossia di produzioni industriali appannaggio di multinazionali e nocive dal punto di vista sanitario. La recente decisione del governo ungherese - protesa alla salvaguardia della salute del popolo - dimostra come l’ambizione alla sovranità da parte di uno Stato racchiuda la forza di tacere le ingannevoli odi intonate dai cantori della mitologia multinazionale


http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=39693



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martedì 16 agosto 2011

Manovra anti-crisi, scongiurato taglio alle rinnovabili,





Manovra anti-crisi
scongiurato taglio alle rinnovabili



Il taglio al comparto delle rinnovabili ipotizzato ieri non ci sarà. Lo hanno annunciato fonti ministeriali che hanno reso nota la volontà del Ministro Tremonti di stralciare per ora la questione che riguarda i finanziamenti. Ma facciamo un passo indietro e vediamo a cosa si riferiva questo famigerato taglio alle rinnovabili.

La proposta ricalca quella che il Ministro Calderoli ideò qualche mese fa e cioè, dopo che si era deciso che i prelievi dalle bollette energetiche non potevano più andare a finanziare il nucleare bocciato dai cittadini nel referendum, il Ministro per la Semplificazione chiese che i cittadini non pagassero più tutta questa “grande cifra”, in modo da alleggerire le bollette.



In realtà si trattava di una mossa puramente demagogica perché a fronte di un taglio del 30% ai fondi per le rinnovabili (diversi milioni di euro), il risparmio per i cittadini sarebbe arrivato a pesare appena il 3% sulla bolletta, cioè 2-3 euro. In pratica non se ne sarebbe accorto nessuno, tranne chi lavorava nel campo delle rinnovabili, che si sarebbe ritrovato senza un bel gruzzolo.

Ma tornando alla proposta, dopo che i ministri Romani e Prestigiacomo (rispettivamente Sviluppo Economico e Ambiente) si opposero al taglio, non se ne parlò più, fino a ieri quando, in sede di presentazione delle proposte per risanare il debito dell’Italia ed evitare il fallimento, ecco che questo taglio è rispuntato fuori. Oggi però, al momento della conferenza stampa di presentazione del testo licenziato dal Consiglio dei Ministri, di tutto ciò non c’è più traccia, segno che il comparto è momentaneamente salvo.

Il motivo di questo stralcio non si conosce, potrebbe darsi che non era pertinente dato che non c’era nessun esborso da parte dello Stato visto che il fondo era prelevato dalle bollette pagate dai cittadini, o forse il taglio sarebbe stato talmente iniquo per le finalità della manovra che i danni sarebbero stati maggiori dei benefici. Fatto sta che almeno per adesso non se ne parla più, anche se i lavoratori del comparto non possono dormire sonni tranquilli visto che i finanziamenti alle rinnovabili continuano ad essere nel mirino del Governo ogni volta che c’è bisogno di soldi.


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Marea nera Shell in Scozia, fuoriuscita di petrolio da una seconda falla






Marea nera Shell in Scozia, fuoriuscita di petrolio da una seconda falla



Marea nera in Scozia, ultime brutte notizie dal Mare del Nord. Vi avevamo anticipato della perdita occorsa alla piattaforma Gannet Alpha della Shell, 180 chilometri ad Est di Aberdeen, qualche giorno fa. La compagnia petrolifera, ovviamente, diceva di avere tutto sotto controllo e con un comunicato aveva rassicurato sulla gestione dell’incidente che proseguiva nel migliore dei modi ed in fretta, pur non rispondendo sull’entità della fuoriuscita. Oggi la notizia di una seconda falla e dichiarazioni che non lasciano presagire, ahinoi, nulla di confortante sul decorso del disastro.

La seconda falla, infatti, si sa solo che c’è e che continua a riversare petrolio in mare ma la brutta notizia, brutta è dir poco, è che la Shell non riesce a localizzarla con precisione a sua stessa ammissione e questo significa solo una cosa: che le operazioni di messa in sicurezza e gli interventi per tappare la perdita di greggio non hanno un obiettivo ben definito. Come ha affermato un responsabile della Shell, Glen Cayley:

Abbiamo un sistema sottomarino molto complesso, e la perdita si trova in una posizione difficile.



La situazione è meno allarmante della marea nera che sconvolse il Golfo del Messico l’anno scorso a causa dell’esplosione della piattaforma della BP Deepwater Horizon, che tra l’altro provocò vittime anche tra i tecnici della stessa compagnia. Tuttavia gli animi non sono affatto tranquilli e non lo saranno finché anche la seconda falla non verrà tappata, come è facile intuire.

La Shell ha affermato che ovviamente le squadre tecniche sono a lavoro incessantemente per cercare di individuare il punto preciso ed agire il più in fretta possibile, ma le operazioni sono complicate dalla posizione poco accessibile della falla, localizzata in un punto della struttura decisamente difficile da raggiungere per intervenire. In mare intanto sono finite, da mercoledì scorso, data della prima falla, almeno 216 tonnellate di petrolio.



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Trivelle in mare, i nuovi pirati del Mediterraneo





Trivelle in mare, i nuovi pirati del Mediterraneo


Almeno 117 le nuove trivelle che hanno l'autorizzazione di ricerca sul territorio italiano. Di queste 25 per estrarre idrocarbuti dai fondali marini, soprattutto della Sicilia e delle coste centro-meridionali dell'Adriatico. Ma le riserve stimate sarebbero appena di 187 milioni di tonnellate, utili solo per 30 mesi. Un rapporto di Legambiente.


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Una superficie di mare italiano di circa 30mila chilometri quadrati, più grande dell'estensione della regione Sicilia, rischia la realizzazione di nuove piattaforme petrolifere a terra e in mare. Le attenzioni fameliche delle aziende energetiche internazionali riguardano soprattutto il canale di Sicilia e le coste adriatiche di Puglia, Molise, Abruzzo e Marche. È questo l'allarme lanciato Legambiente, con il dossier “Un mare di trivelle” (pdf), presentato durante la navigazione della Goletta Verde tra il Gargano e le isole Tremiti, un’area oggetto di diverse richieste di ricerca di idrocarburi.
Il rapporto illustra tutti i numeri e i rischi legati alle 117 nuove trivelle che, grazie ai permessi di ricerca di idrocarburi rilasciati fino ad oggi, minacciano il mare e il territorio italiano. Solo nell'ultimo anno infatti, sono stati concessi 21 nuovi permessi di ricerca per un totale di 41.200 kmq Qualenergia.it, Mare Nostrum da trivellare e Texas Italia).
Il mare non viene risparmiato: sono 25 i permessi di ricerca già rilasciati al 31 maggio 2011 al fine di estrarre idrocarburi dai fondali marini, per un totale di quasi 12mila kmq a mare, pari ad una superficie di poco inferiore alla regione Campania: 12 permessi riguardano il canale di Sicilia, 7 l'Adriatico settentrionale, 3 il mare tra Marche e Abruzzo, 2 in Puglia e 1 in Sardegna.
Se ai permessi rilasciati, sommiamo anche le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca petrolifera, l'area coinvolta diventa di 30mila kmq, una superficie più grande della regione siciliana, segnala l'associazione. Nel dettaglio, le aree di mare oggetto di richiesta di ricerca sono 39: 21 nel canale di Sicilia, 8 tra Marche, Abruzzo e Molise, 7 sulla costa adriatica della Puglia, 2 nel golfo di Taranto, e 1 nell'Adriatico settentrionale.
"Siamo di fronte ad un vero e proprio assedio del Mare Nostrum da parte delle compagnie straniere, che hanno presentato il 90% delle istanze di ricerca nel mare del nostro Paese, considerato il nuovo Eldorado, grazie alle condizioni molto vantaggiose per cercare ed estrarre idrocarburi – ha detto Stefano Ciafani, responsabile  scientifico di Legambiente - ma, come ripetiamo da anni, il gioco non vale la candela: secondo il Ministero dello Sviluppo economico le riserve stimate sono pari a 187 milioni di tonnellate che, considerando il tasso di consumo del 2010 di 73,2 milioni di tonnellate, verrebbero consumate in soli 30 mesi, cioè in 2 anni e mezzo".
In Italia nel 2010 sono state estratte poco più di 5 milioni di tonnellate di petrolio (4,4 milioni di tonnellate a terra e circa 700mila tonnellate a mare), pari al 7% dei consumi totali nazionali di greggio. Il petrolio dai fondali marini è stato estratto utilizzando 9 piattaforme e 83 pozzi ancora produttivi. La produzione di petrolio offshore, da trivellazione a mare, si concentra in due zone: a largo della costa meridionale siciliana, tra Gela e Ragusa, dove nel 2010 si è prelevato il 54% del totale nazionale estratto dai fondali marini, e nel mar Adriatico centro meridionale dove è stato estratto il restante 46%. Ed è proprio su queste due zone che si concentra maggiormente l'attenzione delle compagnie per le nuove trivellazioni: una lottizzazione senza scrupoli che non risparmia nemmeno le aree marine protette, come nel caso delle Egadi o delle Tremiti.
Legambiente ha spiegato che lo scorso aprile il ministero dell'Ambiente, con quello dei Beni culturali, ha approvato la Valutazione di Impatto Ambientale relativa a un programma di indagini della Petroceltic Italia srl (che addirittura parla di 'ecodrilling') in un'area a ridosso delle isole Tremiti e la decisione ha riaperto la corsa al petrolio intorno al pregiato arcipelago, dopo che le dichiarazioni dello stesso ministro dell'ambiente Prestigiacomo e il decreto legislativo 128 del 20 giugno 2010, che vincola le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi in mare, sembravano avessero fatto prendere una direzione opposta.
Ad aggravare la situazione incombono inoltre "leggi 'ad trivellam' che allentano le maglie ai divieti imposti dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo la scorsa estate. Ultimo favore alle trivellazioni è arrivato il 7 luglio con il decreto legislativo di attuazione della direttiva sulla tutela penale dell'ambiente, ha denunciato Legambiente. Senza alcun pudore, si è utilizzato un provvedimento che avrebbe dovuto rafforzare le misure di tutela ambientale per inserire un comma che in realtà permette di aggirare il divieto alle attività di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi in mare per il Golfo di Taranto. Di fatto, il comma rende nuovamente possibile svolgere attività di ricerca all'interno del golfo, proprio quando tutte le istanze presenti in quest'area erano in fase di rigetto, visti i nuovi vincoli fissati nell'estate del 2010.
Sempre in favore delle compagnie petrolifere è attualmente in discussione in Parlamento anche un altro disegno di legge che prevede la 'Delega al governo per l'adozione del testo unico delle disposizioni in materia di prospezione ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi'. Un provvedimento di semplificazione dell'iter autorizzativo che esclude qualsiasi motivazione di carattere ambientale, bocciato all'unanimità dalla commissione Ambiente del Senato nei primi giorni di luglio e che si spera non arrivi all'approvazione.
“Nelle Isole Tremiti, come in tutta Italia il futuro del mare sta nel turismo di qualità e nella pesca sostenibile, non certo nella minaccia di nuove piattaforme petrolifere che rappresentano una seria ipoteca sul futuro delle nostre coste, come ha dimostrato la tragedia ambientale del Golfo del Messico dello scorso anno", conclude Stefano Ciafani, responsabile  scientifico di Legambiente.


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mercoledì 3 agosto 2011

Ecologisti Liberano Balena Megattera, Lei Ringrazia



Ecologisti Liberano Balena Megattera, Lei Ringrazia



I maschi producono un complesso canto che può durare da 10 a 20 minuti e che viene ripetuto per diverse ore. Quale sia lo scopo di tale canto, non è ancora molto chiaro, sebbene si supponga che possa svolgere un ruolo nell’accoppiamento.



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http://news.yahoo.com/video#video=26134954




Restato intricato in una rete al largo delle rive messicane, il cetaceo sarebbe morto, senza l’azione della goletta di Michael Fishback. Che ne ha raccontati il salvataggio e la felicità di tornare libero. ~ Il nome Megattera deriva dal greco μέγα πτερόν (méga pterón, grande ala), in riferimento alle grandi pinne pettorali, che possono raggiungere una lunghezza pari a circa un terzo di quella del corpo e che sono le più lunghe di tutti i cetacei. Possono raggiungere dimensioni che vanno dai 12 ai 16 m, sebbene
esemplari più lunghi di 15 m siano piuttosto rari e possono pesare fino a 30 000 kg. Sono capaci di compiere delle acrobazie, come il breaching, il lobtailing e il flipperslapping.I maschi producono un complesso canto che può durare da 10 a 20 minuti e che viene ripetuto per diverse ore. Quale sia lo scopo di tale canto, non è ancora molto chiaro, sebbene si supponga che possa svolgere un ruolo nell’accoppiamento. Le megattere sono ben note per le loro stramberie amorose. Esse si girano e rigirano più volte su se stesse nell’acqua battendo la superficie o schiaffeggiandosi reciprocamente con le loro grandi pinne. Tutto ciò genera un forte moto ondoso il cui rumore è percepibile anche a parecchi chilometri di distanza. Come avviene per molte altre specie di balene, il peggior nemico delle megattere è l’uomo, seguito dall’orca. Le megattere, per la loro abitudine di seguire la costa e, a causa delle loro rotte migratorie fisse, costituiscono una facile preda per l’uomo e, allorché viene iniziata la caccia alla balena, è quasi sempre una megattera ad essere uccisa per prima. N.D.R.


 http://goodnews.ws/blog/2011/08/03/ecologisti-liberano-balena-megattera-lei-ringrazia-video/


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martedì 2 agosto 2011

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lunedì 1 agosto 2011

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Ma come funziona?






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